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Le misure delle caratteristiche dell'amplificatore sono quelle contrassegnale con i numeri 3) 4) 5) 6) 7).
Le misure mirate a determinare la qualità dell'amplificatore sono quelle contrassegnate con i numeri 8) 9) 10) 11) 12) 13).
Le misure della qualità dell'alimentatore sono quelle contrassegnate con i numeri 14).
Per verificare la qualità di un amplificatore e per avere dei termini di paragone occorre avere dei valori da confrontare aldilà dell’orecchio dell’ascoltatore che rimane pur sempre un mezzo valido in un confronto diretto.
Quelle di seguito illustrate sono una serie di prove che danno un quadro completo della qualità dell’amplificatore.
In questo capitolo si tratta l'amplificatore nel suo complesso, se volete eseguire delle misure sulle singole valvole per ricavarne i parametri di funzionamento, andate al capitolo misure sulle valvole.
Al fine di eseguire questo genere di misure, non occorrono strumenti particolari, per lavorare sulle frequenze audio ci possiamo accontentare di strumenti poco costosi e facilmente reperibili a basso prezzo.
Elenco degli strumenti:
a) Generatore di B.F. (da 5Hz a 50KHz) o, molto meglio, un generatore di funzioni.
b) Voltmetro RMS (ovvero che misurano il valore efficace della tensione, può andare bene anche un tester , ma occorre controllarne la risposta in frequenza).
Nel caso la risposta in frequenza dello strumento sia insufficiente occorre usare una sonda raddrizzatrice.
c) Un Oscilloscopio doppia traccia (Basta un 10/20MHz), oppure un oscilloscopio software per computer come il Picoscope o Visual Analizer.
d) Alcune resistenze di carico (dipende da cosa si misura, per i finali di potenza 4-8-16 Ω per i preamplificatori diversi KΩ), possibilmente anti induttive e della potenza necessaria, si reperiscono in qualsiasi negozio di materiale elettronico e costano poco.
Per i finali di potenza le misure vengono sempre eseguite con un carico fittizio principalmente per due motivi: prima di tutto perché utilizzando dei diffusori acustici come carico le misure non sarebbero riproducibili in quanto ogni diffusore ha la sua caratteristica di impedenza al variare della frequenza e anche in funzione di eventuali risonanze legate all'ambiente, quindi avremo delle misure riproducibili solo utilizzando lo stesso diffusore nello stesso ambiente.
Secondo per motivi pratici.
Il diffusore pilotato per alcune misure alla massima potenza produce un rumore insopportabile.
Per i preamplificatori è meglio utilizzare una decade resistiva che simula tutte le possibili impedenze necessarie alla misura.
Impiego di un computer: In quasi tutti i casi come strumento per rimpiazzare l'oscilloscopio e il generatore di funzioni, si può usare un computer portatile (o fisso ma è più scomodo e ha l'ingresso riferito a massa che può dare problemi) con una discreta scheda audio (che campioni alla frequenza più alta possibile con almeno 16bit), in cui useremo l'ingresso aux per la sonda dell'oscilloscopio (doppia traccia, una traccia per canale audio) e l'uscita per le cuffia come uscita per il segnale del generatore di funzioni.
Esistono poi tutta una serie di programmi che implementano via software l'oscilloscopio e il generatore di funzioni, di ottima qualità e che permettono di fare misure dirette della distorsione armonica e di altri parametri.
Una ulteriore funzione normalmente disponibile è l'analizzatore di spettro audio.
Vi consiglio caldamente questa soluzione, più economica e pratica.
La figura di seguito riportata illustra la disposizione circuitale per eseguire la misura del guadagno di un amplificatore.
Come si può notare gli unici strumenti indispensabili sono un generatore di Bassa Frequenza e un Oscilloscopio.
Il voltmetro Vi è necessario se non si conosce il valore della tensione di uscita del Generatore B.F.
(In alcuni casi lo strumento è già integrato nello stesso, oppure si può usare l’Oscilloscopio spostando il puntale o usando la seconda traccia).
Il Voltmetro Vu serve nel caso si voglia avere il valore della tensione di uscita senza dover fare dei calcoli con l’oscilloscopio.
Scendendo in dettaglio occorre:
Generatore di B.F. (da 5Hz a 50KHz)
2 Voltmetri RMS (facoltativi, si può usare l'oscilloscopio ma la precisione della misura sarà minore)
Un Oscilloscopio doppia traccia (Basta un 10/20MHz)
Una resistenza di carico (carico fittizio) pari al carico che dovrà pilotare l’amplificatore.
Come si procede:
Collegare gli strumenti
Accendere l’amplificatore e lasciarlo scaldare per almeno qualche minuto
Applicare all’ingresso un segnale di 1KHz partendo da una tensione di 0V e aumentando piano fino a che l’amplificatore non inizia a distorcere (la distorsione si rileva guardando la sinusoide di prova sull'oscilloscopio).
Riportare la tensione del Generatore B.F. ad un valore per cui l’amplificatore ancora non distorce.
Misurare con cura la tensione di ingresso e di uscita.
A questo punto possiamo determinare il guadagno di tensione:
Gv=Vu/Vi dove
Gv è il guadagno espresso in volte (numero puro perché generato dal rapporto fra due grandezze di misura uguali ) dell’amplificatore
Vu è la tensione in uscita espressa in Volt
Vi è la tensione in ingresso espressa in Volt
Possiamo altresì determinare la massima tensione applicabile all’ingresso (la tensione per cui si ottiene la massima potenza dell’Amplificatore).
Per determinare la massima potenza ottenibile in uscita si ricorre alla seguente formula:
Pumax=Vumax(Vumax/Rc) dove
Pumax è la massima potenza in uscita espressa in Watt
Vumax è la massima tensione in uscita in condizione di linearità (precedentemente misurata), espressa in Volt
Rc è la resistenza di carico espressa in Ω
NOTA: La potenza massima Pumax così ottenuta non è la potenza efficace ma di picco.
Per ottenere la potenza efficace (RMS) occorre usare Vueff invece di Vumax che si ottiene Vumax/radice quadrata di 2, quindi Pueff=Vueff(Vueff/Rc)
![]() | Come è possibile notare il guadagno dell’amplificatore si mantiene lineare fino a che la tensione in ingresso è più bassa della massima tensione applicabile. |
Per rilevare la banda passante la configurazione circuitale e gli strumenti utilizzati sono gli stessi che si sono usati nella prova precedente.
Come si procede:
Collegare gli strumenti
Accendere l’amplificatore e lasciarlo scaldare per almeno qualche minuto
Applicare all’ingresso un segnale di ampiezza pari al 50% del massimo segnale applicabile e di frequenza da 5 Hz fino a 30-40 KHz incrementando la frequenza a piccoli passi.
Riportare su un foglio di carta millimetrata il grafico ponendo sulle ascisse la frequenza e sulle ordinate la tensione di uscita.
Determinare la tensione massima per frequenze comprese fra 20Hz e 20KHz.
Tracciare una riga orizzontale che corrisponde ad una tensione pari a Vumax/1.41 (radice quadrata di 2 circa)
Determinare i punti di contatto fra il grafico della tensione e la linea orizzontale (nella figura f1 e f2) e tracciare nei punti di intersezione due rette verticali.
I valori di frequenza compresi fra le due linee verticali corrispondono alla banda passante dell’amplificatore.
Vumax è la massima tensione in uscita che normalmente corrisponde al centro della banda passante.
Vumax/Radice di 2 è la tensione corrispondente alle frequenze limite della banda passante, f1 è la frequenza di taglio inferiore, f2 è la frequenza di taglio superiore.
Da notare che per le ascisse si e usata una scala logaritmica per avere una rappresentazione più leggibile sulle basse frequenze.
Questo è il metodo canonico per misurare la banda passante, ne esiste un altro un po' meno preciso ma molto più rapido che consiste nel mandare del rumore bianco all'ingresso dell'amplificatore e collegare all'uscita un analizzatore di spettro.
Nella maggior parte dei casi l’impedenza di ingresso di un amplificatore a valvole è molto alta ed è dovuta alla resistenza posta all’ingresso fra griglia e massa, valore in genere noto.
Quindi questa misura risulta inutile.
Nel caso di un amplificatore con uno stadio di ingresso più complesso in ogni caso si può misurare usando la disposizione circuitale della figura in basso tenendo conto che per avere una misura precisa la resistenza Rs deve avere un valore dello stesso ordine di grandezza della resistenza di ingresso che vogliamo misurare, quindi se non si conosce si va per tentativi sostituendo la resistenza Rs durante la misura.
Il modo di operare è il seguente:
Collegare gli strumenti
Accendere l’amplificatore (collegato ad un carico fittizio di adeguato valore RC) e lasciarlo scaldare per almeno qualche minuto in modo che il funzionamento si stabilizzi.
Applicare all’ingresso un segnale di ampiezza pari al 50% del massimo segnale applicabile avente frequenza 1000Hz avendo l’accortezza di mantenere S1 chiuso, quindi con tutta la tensione di ingresso .
Misurare la tensione (con il voltmetro Vi) con l’interruttore aperto e poi con l’interruttore chiuso controllando sull’oscilloscopio che l’onda si mantenga sinusoidale.
V1=tensione con l’interruttore chiuso
V2=tensione con l’interruttore aperto
Vrs=V1-V2
Irs=Vrs/Rs
Ri=V2/Irs
Come si vede è un metodo estremamente semplice, e si parte dal presupposto che la resistenza interna del generatore di segnale sia trascurabile rispetto alle altre due.
L'oscilloscopio viene utilizzato in questo caso per verificare che il segnale in uscita si mantenga indistorto e per misurare la tensione in ingresso per avere un metodo semplice per verificare che la lettura del voltmetro sia corretta.
Questa misura serve per determinare che tipo di carico si può pilotare con l’amplificatore, e per verificare il corretto adattamento di impedenza.
In dettaglio, per avere un buon trasferimento di potenza sul carico occorre che l’impedenza dell’amplificatore e quella del carico siano uguali, in realtà il carico è costituito da una cassa acustica o da un paio di cuffie che non hanno una impedenza costante per tutte le frequenze della banda passante, quindi occorre che l’impedenza di uscita dell’amplificatore sia almeno uguale alla minima impedenza del carico per frequenze comprese fra 20Hz e 20KHz.
Gli strumenti occorrenti sono i seguenti:
Generatore di B.F. (da 5Hz a 50KHz)
2 Voltmetri RMS (facoltativi, si può usare l'oscilloscopio ma la precisione della misura sarà minore)
Un Oscilloscopio doppia traccia (Basta un 10/20MHz)
Una resistenza di carico (Rc) pari al carico che piloterà l’amplificatore.
Una resistenza (Rs) da porre in serie alla resistenza di carico del valore di 1/5-1/10 della resistenza di carico.
Di seguito è riportata la disposizione circuitale per rilevare la resistenza di uscita di un amplificatore.
Il voltmetro Vi misura la tensione di ingresso dell'amplificatore, Vu la tensione di uscita.
Rs è una resistenza in serie escludibile con un commutatore di valore 1/10 di Rc (il basso valore è fondamentale per non alterare troppo i parametri di funzionamento dell'amplificatore).
Vc è la tensione sulla resistenza Rc.
Si procede nel seguente modo:
Collegare gli strumenti
Si imposta il generatore in modo che produca un segnale sinusoidale della frequenza di 1KHz e di una ampiezza tale per cui l’amplificatore lavora nella zona lineare.
Tenendo l’interruttore il serie a Rc aperto si misura la tensione di uscita dell’amplificatore con carico Rs+Rc (Vc1).
Si chiude l’interruttore in parallelo ad Rs e si misura la tensione di uscita con carico uguale a Rc con Rs bypassata (Vc2).
A questo punto si possono determinare le correnti che passavo su Rc con l'interruttore aperto e chiuso ovvero Ic1=Vc1/(Rs+Rc) e Ic2=Vc2/Rc, a questo punto si calcola deltaV dalla differenza fra le due tensioni Vc1-Vc2 in modulo e la differenza fra le correnti deltaI=Ic1-Ic2 in modulo.
Ru si ricava dal rapporto di deltaV/deltaI.
Tutto questo, nel caso di un amplificatore valvolare, per non perturbare il punto di lavoro della valvola termoionica quando si effettua la misura.
Nel caso di un amplificatore di altro tipo sarebbe stato sufficiente fare la misura della tensione a vuoto (con una Rc molto più alta del carico abituale) e sotto carico e in questo modo determinare Ru tenendo conto dell'abbassamento della tensione di uscita e della corrente che passa su Rc.
NOTA: Il voltmetro Vc e l’oscilloscopio eseguono la misura della stessa tensione, quindi la misura risulta ridondata, l’oscilloscopio ci permette anche di verificare la forma d’onda che può essere utile per evidenziare malfunzionamenti.
Per Damping Factor (DF) si intende il rapporto fra l'impedenza del carico dell'amplificatore e la sua resistenza interna.
In un amplificatore finale collegato a dei diffusori il DF è considerato la misura dell'attitudine dell'amplificatore di controllare movimenti indesiderati della membrana degli altoparlanti in prossimità della frequenza di risonanza degli stessi.
Una volta determinata l'impedenza di uscita si tratta di un semplice calcolo matematico.
DF=Rc/Ru dove Rc è la resistenza del carico dell'amplificatore ed Ru è la resistenza di uscita dello stesso.
Per effettuare questa misura occorre un distorsimetro oppure un analizzatore di spettro che sono strumenti non di comune utilizzo, tuttavia queste sono misure che allo stato attuale possono essere fatte anche con un oscilloscopio campionatore dotato di opportuno software oppure con un computer dotato di scheda audio e apposito software di analisi.
In ogni caso la disposizione circuitale e quella riportata nella figura sottostante.
Con un computer dotato di scheda audio saremo vincolati alla massima frequenza che la scheda può gestire ma avremo una precisione nettamente superiore in quanto il campionamento minimo per una scheda audio è a 16bit ma molte arrivano a 24bit mentre un oscilloscopio in genere campiona a 8-12bit.
E' necessario limitare la banda su cui si esegue la misura a 20KHz perchè il contributo armonico superiore non è udibile, quindi non vale la pena misurarlo.
Il Generatore B.F.
deve produrre un segnale sinusoidale a bassa distorsione.
Se non è così occorre collegarlo direttamente al distorsimetro e misurare la distorsione dell’onda in uscita per tutte le misure che si vogliono effettuare per poi sottrarre tale distorsione alla misura effettuata.
Visto e considerato che la distorsione aumenta in funzione della potenza di uscita è opportuno fare delle misure a metà potenza e alla potenza massima.
Il modo di operare è il seguente:
Si imposta il generatore di bassa frequenza su 1KHz e si aumenta la tensione di ingresso dell’amplificatore fino a quando questo non raggiunge il 50% della potenza nominale poi si rileva il valore della distorsione, quindi si porta l’amplificatore al 100% della potenza massima e si ripete la prova.
Si ripetono le due prove anche per frequenze di 20Hz e 20KHz per verificare il comportamento alle frequenze limite della banda audio.
In genere la distorsione varia in funzione della frequenza e occorre ricordare che per frequenze superiori a 10KHz è ininfluente perché la seconda armonica va oltre i 20KHz che è il limite superiore di frequenza per un amplificatore Hi-Fi.
Quindi per alte frequenze la distorsione armonica anche se presente produce effetti non udibili, quindi la misura viene fatta solo per scrupolo e va ampliata la banda di misura dell'analizzatore di spettro fino a 100KHz.
Se si dispone di un analizzatore di spettro audio annotare anche tutti i valori delle singole armoniche prodotte e il loro valore efficace e percentuale con particolare attenzione per le armoniche dispari che sono quelle più dannose.
La distorsione armonica e quella di intermodulazione sono dipendenti, quindi un amplificatore con una bassa distorsione armonica avrà una bassa distorsione di intermodulazione.
In un amplificatore a causa delle componenti reattive di alcuni dei componenti (condensatori, induttanze, trasformatori) si verificano degli spostamenti di fase fra il segnale in ingresso e quello in uscita che possono, in alcuni casi, mettere in crisi il circuito di controreazione.
Il circuito di misura è il seguente:
la misura eseguita con l’oscilloscopio non ha precisione, quindi ha carattere puramente indicativo e di controllo dell’amplificatore.
Ha senso effettuare tale misura solo alle frequenze estreme di funzionamento (20Hz-20Khz), tuttavia a scopo di controllo occorre verificare anche dentro l’intervallo di tali frequenze per evidenziare fenomeni di risonanza di componenti reattivi che possono causare localizzate, ma pericolose rotazioni di fase.
Il modo di operare è il seguente:
Si imposta il generatore di bassa frequenza su 20Hz e si aumenta la tensione di ingresso dell’amplificatore fino a quando questo non raggiunge il 50% della potenza nominale poi si rileva il valore dello sfasamento paragonando la cresta d’onda della tensione in ingresso con quella dell’uscita, quindi si porta il generatore a 20KHz e si ripete la prova.
Si ripete la prova anche per frequenze comprese fra 20Hz e 20KHz per verificare il comportamento alle frequenze incluse nella banda audio.
Se si dispone di un oscilloscopio con cursori o di un oscilloscopio da computer si possono fare misure abbastanza precise.
Ricordarsi che: l’intera onda è 360° quindi una semionda è 180° e il fronte di salita quindi 90°.
Nell’immagine sotto è mostrato il metodo adottato per ottenere una misura indicativa:
Nell’esempio della foto lo sfasamento di Vu rispetto a Vi è in anticipo di un valore indicativo compreso fra 45° e 90°, per ottenere una maggior precisione occorre fare una misura più accurata usando il reticolo dell’oscilloscopio.
Il risultato finale sarà comunque approssimato a + o - 10°.
Ovviamente essendo una misura eseguita sull’oscilloscopio non sarà precisa ma avrà valore comparativo e indicativo.
Per avere dei dati più precisi occorre utilizzare un misuratore di fase.
Questo metodo consiste nell’inviare il segnale di uscita dell’amplificatore all’asse y di un oscilloscopio ed il segnale d’ingresso all’asse x (vedi figura sottostante)
Nel circuito impiegato per la misura compaiono:
- G.B.F. generatore di bassa frequenza
- Oscilloscopio
Per eseguire la misura occorre inviare ai due assi dell’oscilloscopio segnali di uguale ampiezza, e allo scopo si elimina il segnale dall’asse y si regola l’attenuatore dell’asse x in modo da avere un segmento orizzontale di n divisioni poi si fa lo stesso con l’asse y escludendo l’asse x.
![]() | Tipica immagine ottenuta sull’oscilloscopio con il metodo di Lissajous. |
Per diafonia si intende l’influenza che uno dei due canali stereofonici può avere sull’altro, cioè la separazione tra i due canali.
Si misura in dB e rappresenta il rapporto tra un segnale presente su un canale e la quantità del medesimo segnale che viene a trovarsi sull’altro.
Minore sarà la diafonia maggiore sarà la separazione tra i due canali.
Ovviamente questa misura si esegue solo su amplificatori stereofonici.
Una misura correlata è la misura della resistenza serie dell’alimentazione che è una delle principali cause della diafonia, modulando l’alimentazione del secondo amplificatore in base all’assorbimento del primo e viceversa.
Una soluzione che risolve in parte il problema consiste nell’adottare due alimentatori e telai separati (dual mono) per gli amplificatori evitando così anche gli accoppiamenti parassiti per prossimità .
Come si procede:
a) Collegare gli strumenti
b) Accendere l’amplificatore e lasciarlo scaldare per almeno qualche minuto
c) Applicare all’ingresso un segnale di ampiezza pari al 50% del massimo segnale applicabile avente frequenza 1000Hz con l’interruttore aperto.
d) Misurare la tensione con l’interruttore di uscita prima di un canale poi dell’altro. Applicare la formula.
Il rapporto segnale/rumore è la misura della massima tensione in uscita comparata con il rumore prodotto dall'amplificatore nella banda audio espresso in dB.
E' normalmente specificato nelle caratteristiche dell'amplificatore con riportata la potenza a cui è stata eseguita la misura.
Per eseguire la misura tutti gli ingressi dell'amplificatore non utilizzati per la misura debbono essere messi a massa.
La misura in genere si effettua a centro banda, presa per convenzione a 1KHz e si procede nel modo seguente:
Si ruota P1 (potenziometro regolatore dell'ampiezza del segnale in uscita dal generatore) fino ad arrivare alla potenza di misura.
Si controlla con l'oscilloscopio che la forma d'onda sia ancora perfettamente sinusoidale.
A questo punto si misura Vu con un voltmetro RMS e si annota Vi.
Poi si aziona il deviatore S1 e si mette in corto l'ingresso dell'amplificatore.
A questo punto si misura l'uscita Vu. L'oscilloscopio è utile per verificare il segnale di rumore e la relativa forma d'onda.
Una volta in possesso di questi dati si calcola il rapporto segnale rumore con la seguente formula:
![]() | Dove il logaritmo deve intendersi in base 10, Vu è la tensione all'uscita con il segnale di misura e Vn la tensione in uscita dovuta al solo rumore. |
Questo procedimento ha il seguente vizio di forma: si da per scontato che il rumore all'ingresso rimanga ad un valore fisso mentre invece una componente dello stesso, quella dovuta al filtraggio dell'alimentazione è dipendente dall'assorbimento dell'amplificatore che varia notevolmente dallo stato di riposo allo stato di lavoro.
Quindi questo metodo che è quello universalmente adottato da valori tanto più imprecisi quanto più l'amplificatore eroga potenza all'uscita a parità di caratteristiche dell'alimentazione.
Per rilevare tale componente possiamo solo avvalerci di una indagine sullo spettro in uscita dell'amplificatore, quindi con un analizzatore di spetto (vedi punto 14).
Tuttavia tale rumore diventa indistinguibile dalla distorsione se non per precise frequenze che sono multipli della frequenza della rete di distribuzione dell'energia.
Un altro problema di tale misura sono le interferenze captate dalla rete elettrica di distribuzione dell'energia, in genere si tratta di frequenze molto alte e che hanno una influenza nulla sul risultato acustico finale, ma che determinano in fase di misura un errato e peggiore valore del rapporto segnale rumore, quindi la misura andrebbe fatta, come del resto le altre, con una fonte di alimentazione esente da interferenze.
Questa prova prevede che all'ingresso venga utilizzato un segnale ad onda quadra della frequenza di 1KHz. Si può utilizzare per diversi scopi, come ad esempio valutare la banda passante, tuttavia l'impiego più utile e valutare la stabilità di un amplificatore.
Il fronte di salita è tanto più smussato quanto più la risposta dell'amplificatore è carente sulle frequenze acute e viceversa la parte orizzontale dell'onda quadra più tende a calare più l'amplificatore ha problemi con le basse frequenze.
Ma quello che a noi più interessa è l'oscillazione in corrispondenza della parte alta del fronte di salita che presenta delle oscillazioni smorzate. Ingrandendo l'oscillazione smorzata e analizzandone il tempo del periodo si calcola circa 10uS, quindi una frequenza di circa 100 KHz. Questa è la frequenza che corrisponde a una frequenza di risonanza di un componente o un gruppo di componenti che potrebbero innescare delle oscillazioni. E' abbastanza alta da non dare fastidio. Trattandosi di un amplificatore a valvole probabilmente si tratta della frequenza di risonanza delle capacità parassite del trasformatore adattatore di impedenza con l'induttanza dispersa dello stesso. In questo caso è meglio limitare la banda passante dell'amplificatore sotto tale frequenza con un banale filtro RC passa basso, questo limiterà il pericolo di autooscillazioni. Quello utilizzato nell'esempio è un amplificatore single ended a valvole senza controreazione globale.
In special modo negli amplificatori in classe AB quando l'amplificatore non ha nessun segnale in ingresso e si misura il ripple in uscita questo ha un valore artificiosamente basso perché l'amplificatore a riposo ha un basso assorbimento e una buona reiezione del ripple dovuta al trasformatore finale che elide tutto quello che arriva in fase ai due primari compreso il ripple di alimentazione. Sotto carico la cosa cambia, in presenza di un segnale in ingresso aumenta l'assorbimento e diminuisce la reiezione.
Per non avere sorprese è bene misurare il ripple in uscita sotto carico, con una potenza dell'amplificatore del 100% che è la condizione peggiore.
Vi è un solo modo per farlo che io conosco, seguendo questa logica:
Occorre collegare all'ingresso un segnale sinusoidale tale da portare l'amplificatore alla massima potenza e con frequenza tale da essere molto distante dalla frequenza del ripple.
A questo punto si utilizza un oscilloscopio digitale con funzione analizzatore di spettro impostando come frequenza massima una frequenza più bassa di quella applicata in ingresso.
A questo punto basta leggere il valore del ripple in corrispondenza della frequenza di questo (in genere 50 o 100Hz). Se l'alimentatore non è ben filtrato sarà visibile il ripple e anche le sue armoniche e sarà possibile valutare il rapporto fra segnale in uscita e ripple in uscita che deve essere comunque molto alto.
Sopra un esempio di tale misura in cui è visualizzata anche la frequenza applicata all'ingresso di 1KHz.
Da notare la banda in corrispondenza di 50Hz, in questo caso si tratta di un alimentatore con duplicatore di tensione che produce un ripple a tale frequenza.
In condizioni di assenza di segnale in ingresso all'uscita di questo amplificatore il ripple non è misurabile.