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Nel disegno sotto lo schema a blocchi di un preamplificatore d'epoca, in cui sono presenti anche gli ingressi per l'amplificazione microfonica e l'equalizzatore RIAA per il giradischi. Nei preamplificatori più moderi è più facile trovare ingressi dedicati alle fonti digitali come il CD il DAT ecc.
Il selettore di ingresso che commuta i vari ingressi disponibili è in genere realizzato con un commutatore rotativo o con una serie di rele'. Il controllo toni è seguito da un amplificatore di tensione che ha anche il compito di adattatore di impedenza. Di solito si cerca di avere in uscita un'impedenza relativamente bassa e un segnale di tensione relativamente alta (tipicamente 1 Veff). Questo serve nell'ottica di collegare l'amplificatore finale con un cavo che potrebbe avere una capacità parassita tale da caricare un'uscita ad alta impedenza costituendo un filtro passa-basso.
Il compito di un preamplificatore è quello di amplificare in tensione il segnale da inviare allo stadio finale introducendo il minor rumore possibile.
Si tratta di una amplificazione, quindi, in tensione. Il guadagno del preamplificatore è funzione dell'ampiezza del segnale in ingresso e della sensibilità del finale di potenza.
Ai giorni nostri il compito del preamplificatore si è notevolmente semplificato, i segnali di uscita delle fonti come, ad esempio, il CD sono caratterizzati da una buona ampiezza, quindi già difficili da "sporcare" con il rumore.
Un CD tipicamente esce con un segnale dell'ordine di 1V, mentre un giradischi usciva con un segnale dell'ordine di 1 milliVolt (quindi 1000 volte più basso di quello di un CD).
Per gli audiofili che ancora usano il giradischi le cose si complicano un po', occorre aggiungere un preamplificatore phono equalizzato RIAA.
Il preamplificatore può essere incluso nello stesso telaio del finale, e in questo caso si parla di amplificatore integrato, o su un telaio a parte. Nel primo caso i costi vengono contenuti, nel secondo è possibile lavorare meglio sul rumore che potrebbe essere introdotto dalla vicinanza del finale, che genera perturbazioni, della tensione di alimentazione e di natura magnetica (flussi dispersi) con i trasformatori, in cui scorre una notevole corrente.
Potendo scegliere è meglio un preamplificatore separato.
Per prima cosa occorre sapere quale sarà la fonte del segnale e che livello il segnale deve avere in uscita.
Quando sappiamo questo, è nota l'amplificazione (Av=Vu/Vi) che dobbiamo ottenere, quindi possiamo iniziare a cercare una valvola o una combinazione di valvole adatte allo scopo.
Dobbiamo tenere presente che se vogliamo una grande banda passante non possiamo "spremere" troppo una singola valvola.
Un'altra cosa che ci interessa è sapere l'impedenza di ingresso dell'amplificatore (se si tratta di un amplificatore allo stato solido commerciale in genere si aggira su alcune decine di KΩ mentre nel caso di un amplificatore finale a valvole qualche centinaio di KΩ) a cui collegheremo poi il preamplificatore.
Il problema si presenta solo se facciamo un pre a se stante, mentre se dobbiamo progettare anche il finale, allora questo dato ci è noto e possiamo anche modificarlo entro certi limiti secondo le nostre necessità .
In ingresso troviamo normalmente un commutatore o selettore di ingresso che è posto fra i vari stadi preamplificatori dedicati a funzioni specifiche, come il preamplificatore microfonico o riaa e gli stadi preamplificatori comuni. Il selettore serve per selezionare la fonte da cui prelevare il segnale da amplificare.
Se i segnali che abbiamo in ingresso hanno tutti la stessa ampiezza si possono omettere tutti gli stadi specifici, che servono appunto per preamplificare ulteriormente i segnali più deboli.
Per selezionare l'ingresso da amplificare di solito si usa un commutatore rotativo, che commuta direttamente il segnale oppure pilota un certo numero di rele', uno per ogni ingresso.
Nel primo caso, per non portare il segnale al commutatore usando dei cavi schermati, si porta il commutatore più vicino possibile agli ingressi usando un comando meccanico con una lunga asta fra manopola e commutatore.
Nel secondo caso si pongono i rele' il più vicino possibile agli ingressi e si alimentano tramite il commutatore che può essere messo anche distante.
Uno degli schemi più usati negli amplificatori hi-fi è quello di James-Baxandall che permette di controllare in modo indipendente i bassi e gli acuti sia in esaltazione che in attenuazione. Il potenziometro in uscita invece funge da controllo di volume.
Per pilotare correttamente un controllo di toni occorre avere un'impedenza di uscita abbastanza bassa, e all'uscita del controllo un'impedenza di ingresso dello stadio successivo il più alta possibile.
Esempio di filtro James-Baxandall. I controlli di toni provocano sempre una attenuazione del segnale, che va poi riamplificato, quindi negli amplificatori in cui si predilige un comportamento naturale e il minor numero possibile di stadi, questo tipo di circuito è omesso. |
La configurazione cascode utilizza una coppia di triodi e ci permette di avere livelli molto elevati di guadagno e di sensibilità di ingresso usando un singolo stadio amplificatore.
In sintesi questa configurazione circuitale ha i seguenti pregi:
Alto guadagno.
Alta impedenza di ingresso.
Rumore molto basso.
Bassa microfonicità .
Costo contenuto.
In genere i due triodi sono contenuti nella stessa valvola come, ad esempio la Ecc82. Il funzionamento del circuito si riassume in questo modo: Il primo triodo (V1) amplifica normalmente il segnale e costituisce a tutti gli effetti un amplificatore a catodo comune, ma si trova fra il catodo e la massa del secondo triodo (V2) che, quindi, funziona come un amplificatore a griglia comune, dove la resistenza fra catodo e massa di V2 è rimpiazzata dal primo triodo (v1) e dal gruppo R5-C3 che serve come polarizzazione di griglia per il primo triodo. Il segnale viene prelevato dall'anodo della seconda valvola. La griglia della seconda valvola viene polarizzata in continua con un partitore resistivo (R1-R4) e viene posta a massa per quello che riguarda la componente alternata da un condensatore (C1). Il guadagno complessivo è dato dal prodotto del guadagno dei due triodi.
Il limite dell'amplificatore cascode è la massima tensione applicabile fra il catodo e il filamento della valvola utilizzata (valore presente nel datasheet della valvola) che ne limita la massima tensione di alimentazione.
Se si accede tale valore (che nel caso di V2 è dinamico) ci possono essere delle scariche fra il catodo e il filamento che possono introdurre un notevole rumore.
E' uno stadio che serve per abbassare l'impedenza di uscita.
Negli amplificatori integrati questo stadio non è presente.
In un preamplificatore che andrà poi collegato con un cavo ad un finale questo stadio si rende necessario per rendere ininfluenti le capacità del cavo di collegamento e dei connettori che tendono a bypassare a massa il segnale, costituendo con l'impedenza di uscita un filtro passa basso che taglierebbe gli acuti.
Normalmente viene fatto con un inseguitore catodico.
Si usa anche una particolare circuitazione che prende il nome di "effetto bootstrap".
Schematizzazione del collegamento fra pre e finale, in basso il circuito equivalente con Ru e Cp (capacità parassita) che costituiscono un filtro passa-basso. Ovviamente più è lungo il cavo e più è grande la capacità parassita. Capacità dell'ordine dei 100pF/metro sono normali per un cavo schermato. |
Qui sopra un amplificatore adattatore di impedenza ad inseguitore catodico classico. Il limite di questo circuito è che la tensione del segnale non può mai essere maggiore della tensione di polarizzazione di griglia (valore di picco) perché renderebbe la griglia positiva. | Sopra un amplificatore adattatore di impedenza ad effetto bootstrap, questo amplificatore permette una maggior elongazione del segnale di uscita, quindi permette di trasferire un segnale di ampiezza maggiore, in virtù del fatto che la tensione di polarizzazione della griglia è indipendente da quella del segnale. |
Negli amplificatori integrati il problema del collegamento con un cavo che potrebbe avere una grande capacità non c'è, tuttavia si presenta un problema simile con le capacità interelettrodiche, che nelle valvole di potenza hanno dei valori abbastanza alti, il che richiede comunque da parte del circuito driver una impedenza di uscita abbastanza bassa.
In alcuni casi si gioca sul valore dell'impedenza di uscita per limitare volutamente la banda passante dell'amplificatore per prevenire autooscillazioni ultrasoniche, un caso tipico sono i resistori grid-stopper posti in serie alla griglia di controllo delle valvole finali di potenza.