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La progettazione di un alimentatore dal punto di vista di un autocostruttore non può essere eseguita con precisione in quanto in genere non abbiamo la possibilità di costruire alcuni componenti come ad esempio il trasformatore e le induttanze di filtro, che con le loro perdite (nel ferro e nel rame) condizionano sotto carico la tensione reale che riusciremo ad ottenere all'uscita dell'alimentatore.
Tuttavia non è necessaria una grande precisione per alimentare un dispositivo valvolare, in genere un errore di qualche decina di volt è accettabile.
L'unica cosa che possiamo fare è surdimensionare il trasformatore in modo che la sua resistenza parassita serie sia abbastanza bassa da essere trascurabile ai fini del calcolo.
La stessa cosa purtroppo non si può fare con l'induttore di filtro in quanto il valore di induttanza è strettamente legato al valore della resistenza serie.
Infatti per avere una induttanza più alta dovremo realizzare un induttore con un maggior numero di spire nell'avvolgimento, il filo di rame che lo compone sarà proporzionalmente più lungo e la resistenza più grande.
La trattazione che segue lungi dall'essere una trattazione matematica (fattibile ma complessa) del problema vuole essere un elenco di consigli per la progettazione top-down del circuito, condizionata dalla reperibilità di materiali che per un autocostruttore non possono essere fatti su specifica.
In queste pagine sono utilizzati i dati delle valvole presi dai riferimenti disponibili nella apposita sezione.
Se utilizzate dati di altre fonti possono essere leggermente dissimili (in funzione del costruttore della valvola).
Partiamo da uno schema funzionale di un alimentatore classico e sviluppiamo ognuno dei blocchi da cui è composto.
1) Trasformatore (con doppio secondario per anodica più due secondari per l'alimentazione dei filamenti).
2) Raddrizzatore con diodi termoionici a vuoto spinto (a singola o doppia semionda).
3) Filtro pigreco con ingresso capacitivo.
Per iniziare occorrono i dati del dispositivo che si intende alimentare.
In questo caso alimenteremo un amplificatore audio con le seguenti caratteristiche:
Stereo Classe "A", single-ended
Potenza per canale 10W, totale 20W
Tensione di alimentazione anodica 340V.
Corrente assorbita da ogni canale 50mA, totale 100mA
Valvole preamplificatrici e driver 6SL7GT (doppio triodo a riscaldamento indiretto, una per canale, 2 in totale) con assorbimento di qualche mA e quindi le trascureremo ai fini del calcolo della potenza richiesta per l'anodica ma non per quella richiesta per i filamenti che è rilevante.
Tensione di filamento 6,3V.
Corrente di filamento 0,3A.
Come vedete si tratta di un amplificatore in classe "A" single-ended, amplificatore molto esigente per quello che riguarda l'alimentazione perché notoriamente ha una bassa reiezione dei disturbi di alimentazione.
Quindi dovremo "lavorare in sicurezza" ovvero surdimensionare abbondantemente i filtri di alimentazione per ridurre il più possibile il ripple residuo.
Il vantaggio che offre questo tipo di amplificatore per quello che riguarda l'alimentazione è che assorbe una corrente pressoché costante, quindi l'alimentatore avrà un carico costante il che si traduce in una limitata variazione della tensione in uscita essendo anche costante la caduta sulla resistenza parassita serie dello stesso.
Di seguito tratteremo nel dettaglio la progettazione di ogni singolo elemento.
Questo componente è contraddistinto da alcuni fondamentali valori di targa: la tensione applicabile al primario, la tensione dei secondari e la potenza massima che è in grado di gestire (espressa in VAR=Voltampere reattivi).
La tensione presente sui secondari è da considerarsi a vuoto, ovvero senza carico.
Sotto carico vi è un abbassamento della stessa che è funzione delle perdite del trasformatore e viene schematizzata con una resistenza posta in serie allo stesso (resistenza parassita serie).
Il valore della resistenza parassita in genere non si conosce ed è tanto più basso quanto più è alta la potenza del trasformatore.
Il trasformatore reale nella figura sopra è stato semplificato rispetto allo schema classico per tenere in considerazione solo la resistenza del rame nel primario, secondario e le perdite nel circuito magnetico.
Il tutto incorporato nella resistenza parassita RS che provoca una caduta di tensione proporzionale alla corrente che la attraversa.
Quindi se il trasformatore a vuoto eroga, ad esempio 300V sotto carico la tensione all'uscita del secondario sarà 300-(RS*IS) dove RS è la resistenza parassita e IS la corrente che la attraversa.
RS è inversamente proporzionale alla potenza del trasformatore, quindi surdimensionando lo stesso l'influenza di RS diminuisce.
Per calcolare la potenza del trasformatore occorre sommare la potenza dissipata dall'apparato che alimenteremo e quella richiesta per il riscaldamento dei filamenti.
Quindi per quello che riguarda il nostro esempio avremo:
Potenza assorbita da ogni singolo dispositivo (descrizione) | Potenza (Watt) |
Potenza assorbita dall'anodica= (0,05*2)*350=35W dove 0,05A è la corrente anodica a riposo, 2 il numero delle valvole e 350V la tensione anodica. | 35 |
Potenza assorbita dai filamento della valvole EL34=9,45W per valvole, in totale 18,9W (6,3V*1,5A)*2 dove 6,3V è la tensione dei filamenti, 1,5A è la corrente assorbita e 2 è il numero delle valvole. | 9,45 |
Potenza assorbita dai filamenti delle valvole driver e preamplificatrici (6SL7GT) è 6,3V*0,3A*2=3,78W dove 6,3V è la tensione di filamento 0,3A la corrente di filamento e 2 il numero delle valvole. | 3,78 |
Potenza assorbita dal filamento della valvola rettificatrice 5U4G 5V*3A=15W dove 5V è la tensione di filamento e 3A la corrente assorbita dallo stesso. | 15 |
La potenza dissipata dal circuito anodico del doppio diodo è dell'ordine di qualche watt e si ricava dalle curve caratteristiche. | 2,5 |
Potenza Totale (in Watt) | 65,73 |
Nell'ottica di surdimensionare il trasformatore per limitare le perdite (RS) si potrebbe utilizzare un trasformatore da almeno 100-150W.
Questo limiterebbe anche il surriscaldamento dello stesso che è una delle principali cause di ronzio dei lamierini (le ripetute dilatazioni termiche introducono un gioco nel serraggio del pacco lamellare che si traduce in un possibile ronzio dei lamierini).
Rimane da determinare la tensione che dovrà avere il secondario per ricavare la tensione anodica.
I dati di partenza sono:
Resistenza serie RS del trasformatore= incognita
Quindi la tensione del secondario dovrà essere maggiore di (350+25)/rad2=265V.
A questo valore va aggiunta la caduta sul trasformatore.
Quindi per essere sicuri di avere all'uscita una tensione abbastanza alta dovremo incrementare questo valore con una componente ignota.
Il valore da aggiungere varia da trasformatore a trasformatore.
Io in genere aggiungo 25-35V.
Se avremo una tensione troppo alta all'uscita del filtro potremo sempre ridurla nei seguenti modi:
Introducendo successivamente una resistenza di valore e potenza adeguati in serie al circuito di filtro.
Abbassando il valore del primo condensatore del filtro pigreco e in tal modo ridurremo il valore medio della tensione presente all'ingresso del filtro LC che segue il primo condensatore.
In questo modo è possibile abbassare a piacere il valor medio della tensione aumentando tuttavia il valore di ripple presente all'ingresso del filtro LC dopo il condensatore in oggetto, passando di fatto in modo lineare da un filtro ad ingresso capacitivo, con il primo condensatore che si carica al valore massimo della tensione in uscita dal raddrizzatore, ad uno con ingresso induttivo passando alla tensione media in ingresso al filtro LC.
Quindi va Vmax a Vmax*0,63.
Quindi dovremo avere un trasformatore con il secondario per l'anodica da circa 300V.
Come precedentemente detto una variazione di qualche decina di volt è ancora accettabile anche alla luce del fatto che la tensione di rete non è mai esattamente 230V ma ha una variazione (da normativa CEI) da questo valore che può essere di +/-10% quindi ha un valore che va da 230-23=207V a 230+23=253V quindi è inutile progettare un alimentatore (non stabilizzato) preciso al Volt a meno di non utilizzare uno stabilizzatore per alimentare il primario.
Riassumendo, i dati del trasformatore dovranno essere i seguenti:
Avvolgimento sul trasformatore | Corrente sotto carico | |
Tensione primario | 230V | (vedi Nota1) >285mA |
Tensione secondario Anodica | 300V | 100mA |
Tensione secondario alimentazione filamento diodo rettificatore | 5V | 3A |
Tensione secondario alimentazione dei filamenti delle valvole driver e finali | 6,3V | 3A |
Nota1: la corrente non tiene conto delle perdite che comportano un leggero innalzamento della stessa.
Il rettificatore dal punto di vista puramente teorico può essere realizzato nelle seguenti tipologie:
Con un solo diodo termoionico, a singola semionda.
Con due diodi termoionici (inclusi in genere in un unico involucro) a doppia semionda con trasformatore a presa centrale.
Con quattro diodi termoionici nella configurazione a ponte.
Il rettificatore normalmente impiegato è a doppia semionda ovvero costituito da due diodi collegati ad un trasformatore a presa centrale (negli alimentatori a diodi termoionici ).
L'efficienza di tale rettificatore è molto migliore di quello a singola semionda che non verrà trattato in quanto introduce troppi problemi legati alla difficoltà maggiore nel filtrare il ripple e alla magnetizzazione del nucleo del trasformatore con il secondario attraversato da una corrente con valor medio diverso da zero (corrente continua).
Il diodo termoionico ha anch'esso dei valori di targa che possiamo ricavare dal datasheet del produttore.
Anche questo ha una resistenza serie che provoca una caduta di tensione proporzionale alla corrente che lo attraversa.
Nel nostro caso occorre fare riferimento al datasheet della valvola 5u4gb.
I valori significativi di cui occorre prendere nota, ricavati dal datasheet nota sono:
Come vedete la prima capacità di filtro posta dopo il raddrizzatore determina la corrente di picco dello stesso, quindi è opportuno (per la durata nel tempo della valvola) che non abbia una capacità troppo grande.
Un'altra cosa che si nota è la notevole potenza richiesta per il riscaldamento del filamento che è una parte rilevante della potenza totale richiesta.
Dal grafico seguente si ricava invece la caduta di tensione ai capi del raddrizzatore in funzione della corrente che lo attraversa.
Come vedete è possibile in funzione della corrente che la attraversa determinare la tensione anodica che poi andrà detratta per calcolare la tensione in uscita dal raddrizzatore.
Per questo alimentatore è stato scelto un filtro pigreco CLC (vedi disegno in basso) ovvero composto da un filtro capacitivo (C1-C2) seguito da il filtro LC (L1-C3-C4).
Questa scelta è dettata dall'efficienza di questo filtro che è maggiore di quella di un filtro LC e dalla ulteriore possibilità variando le capacità C1-C2 di adattare la tensione in uscita abbassandola se necessario.
Le capacità C1 e C3 di notevole valore, sono state affiancate da altri due condensatori C2 e C4 che hanno una capacità notevolmente inferiore, in genere 100nF che servono per sopperire alla scarsa velocità dei condensatori elettrolitici di grande capacità .
Questo migliora il comportamento in generale sia per quello che riguarda il filtraggio di disturbi ad elevata frequenza, sia derivati dalla rete elettrica che dal carico (le note alte riprodotte dall'amplificatore) migliorando in questo caso anche la diafonia.
I vincoli di progetto del filtro sono i seguenti:
La somma delle capacità C1+C2 deve essere più bassa della capacità massima che il diodo raddrizzatore può avere in uscita (datasheet del diodo).
Questa capacità ai fini di ottenere una tensione in uscita più bassa deve essere trovata sperimentalmente partendo da un valore basso e poi incrementandola fino ad ottenere la tensione desiderata sempre mantenendosi sull'ordine di grandezza della capacità tollerabile dal diodo per un buon funzionamento dello stesso.
La somma delle capacità C3+C4 deve essere il più alta possibile.
L'induttanza deve essere la più alta possibile ed adatta a gestire la corrente richiesta dal carico senza saturarsi, senza esagerare per non incorrere in una resistenza serie troppo elevata.
In genere valori commerciali di L1 vanno da qualche Henry a una decina di Henry.
La frequenza di risonanza serie del gruppo L1-C3+C4 deve essere molto più bassa della più bassa frequenza riproducibile dall'amplificatore.
La frequenza di risonanza dell'induttanza L1 con la sua capacità parassita deve essere molto più alta della più alta frequenza riproducibile.
Nell'immagine sopra si vede come varia la tensione passando da un filtro a ingresso induttivo ad uno a ingresso capacitivo.
Aumentando la capacità di C1 si passa dalla retta rossa a quella blu dove la retta rossa è l'uscita del filtro senza C1 (quindi ad ingresso induttivo) e la retta blu con C1 di capacità infinita.
Quindi in realtà la tensione di uscita è compresa fra la retta rossa e quella blu ed è tanto più vicina a quella blu tanto più è alto il calore di C2.
Questo ovviamente non tenendo conto della resistenza serie del trasformatore, dei diodi e dell'induttore.
In un filtro di questo tipo l'attenuazione del ripple è dato dal rapporto fra la reattanza induttiva Xl dell'induttore L1 (in serie al ripple) e la reattanza capacitiva Xc di C3-C4 in parallelo al ripple.
Per esempio se L1 è 5 Henry avrà una reattanza induttiva alla frequenza di 100Hz (frequenza del ripple per un raddrizzatore a doppia semionda) di Xl=2*PI*F*L=6,28*100*5=3140 Ω dove Xl è la reattanza induttiva, PI è pigreco (approssimato a 3,14), F è la frequenza fondamentale in hertz del ripple e L è il valore in Henry dell'induttore.
C3=1000uF=0,001F, quindi Xc=1/(2*PI*F*C)=1/(6,28*100*0,001)=1,59 Ω dove Xc è la reattanza capacitiva PI è pigreco (approssimato a 3,14), F è la frequenza fondamentale in hertz del ripple e C è il valore in Farad del condensatore.
Quindi il rapporto è Xl/Xc=3140/1,59=1974,84.
Più è alto il rapporto e più è marcata la riduzione del ripple.
A questo punto controlliamo la frequenza di risonanza di L1-C3 (trascurando C4 che ha un valore molto basso)= 1/(2p* √ L1*C3)=2,25Hz.
Direi che la frequenza è abbastanza bassa da non dare problemi di risonanza ne con la frequenza fondamentale del ripple ne con nessuna delle frequenze della gamma audio.
Per quello che riguarda il punto 5) occorre fare una misura direttamente sull'induttanza utilizzando un generatore di funzioni ed un oscilloscopio.
In corso di realizzazione, sempre con un carico collegato che abbia le stesse caratteristiche del carico che realmente l'alimentatore dovrà alimentare dovremo verificare il corretto funzionamento dello stesso e l'esatto valore delle tensioni che produce.
Inoltre è buona norma verificare il ripple residuo all'uscita del filtro, sia per ampiezza che per componente spettrale.
In genere il filtro riduce a maggior ragione (essendo un filtro passa basso) le componenti armoniche del ripple rispetto alla fondamentale, quindi dovreste rilevare una sola componente sinusoidale alla frequenza di 100Hz (nel caso di questo raddrizzatore ad onda intera).
Nel disegno sopra, Alimentatore Valvolare per anodica, circuito completo.
Si tratta di una resistenza che si può mettere all'uscita del filtro in parallelo al carico per ridurre la tensione a vuoto del filtro qualora non si utilizzasse un ritardatore di tensione anodica.
Serve per dare all'alimentatore un carico minimo qualora la resistenza del carico fosse troppo alta nel transitorio di accensione o per qualche motivo venissero rimosse dallo zoccolo le valvole finali.
Ha come ulteriore effetto quello di scaricare i condensatori di livellamento all'atto dello spegnimento dell'alimentatore per prevenire pericoli qualora dovessimo intervenire sul circuito.
In genere questa resistenza viene scelta con un valore di 1/5 rispetto a quella di carico.
Nel caso del nostro amplificatore la resistenza di carico è Vcc/0,1=350/0,1=3500 Ω mentre la resistenza di zavorra dovrebbe essere 3500*5=17500 Ω.
La potenza dissipata dalla stessa è 350*(350/17500)=7W dove 350V è la tensione di alimentazione del carico (amplificatore) e 0,1A è la corrente che passa nello stesso.
Per evitare brutte sorprese il circuito deve essere protetto con fusibili per quello che riguarda il primario del trasformatore.
Tutte le masse metalliche devono essere collegate al filo di terra della rete elettrica, questo anche nell'ottica di evitare ronzii indesiderati.
La massa (negativo del circuito) e la terra sono due cose distinte, quindi non collegatele elettricamente fra di loro.
Il punto di massa del circuito deve corrispondere con il terminale negativo del condensatore C3 del filtro, tutti i fili di massa devono partire da questo punto che deve essere isolato dalla terra della rete elettrica.
Per evitare picchi di tensione nel circuito anodico è bene utilizzare un sistema per ritardare l'applicazione della tensione anodica rispetto alla tensione di alimentazione dei filamenti in modo che quando applicheremo l'anodica le valvole finali saranno già in grado di condurre e la tensione anodica ai capi dei condensatori di filtro C1-C2-C3-C4 non salirà in modo pericoloso per l'isolamento degli stessi.
Questo può essere facilmente implementato ritardando la conduzione del doppio diodo rettificatore 5U4G ritardandone l'accensione del filamento e di fatto trasformandolo in un doppio diodo controllato.
Questo negli anni antecedenti l'avvento dei semiconduttori si poteva realizzare con un temporizzatore meccanico, ora basta un circuito di ritardo e un rele'.
Questo alimentatore, qualora si decida di non mettere la resistenza di zavorra, deve necessariamente funzionare con il carico collegato, scollegandolo (ad esempio rimuovendo le valvole finali) la corrente assorbita scende a zero, le capacità di filtro si caricano alla tensione massima data dalla tensione presente sul secondario del trasformatore moltiplicata per radice di 2.
Questa tensione potrebbe eccedere la tensione massima sopportabile dai condensatori di filtro che potrebbero danneggiarsi andando in dispersione.